Da Cloud a XaaS, “everything as a service”

Dallo studio “La nuova generazione di Cloud basata su XaaS – Everything-as-a-Service”, di HPE e Ambrosetti, da poco presentato, emerge l’inadeguato livello delle competenze, la prevalente adozione di soluzioni Cloud di livello basico e l’inadeguatezza dei modelli di sourcing ICT e delle regole di bilancio pubblico oggi in uso nella Pubblica Amministrazione.

Pubblicato il 06 Dic 2021

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Uno dei mondi digitali apparso più recentemente è il cloud, una rivoluzione organizzativa e tecnologica la cui magnitudo è pari all’introduzione della virtualizzazione, avvenuta 15 anni prima. Prima del cloud computing, ogni software, da quelli per il lavoro a quelli personali, era acquistato e poi installato sul proprio computer. Lo stesso valeva per l’hardware. Con il cloud, oggi siamo arrivati al concetto di XaaS, ovvero “everything as a service” (tutto come servizio).

Cloud platform, cos’è

Oggi le risorse hardware o software sono comprate o utilizzate su una cloud platform. La cosa interessante del cloud è che si può comprare un servizio e domani cambiarlo, pagando un valore di utilizzo. Cosa impossibile nel mondo pre-cloud, dove si comprava un software per poi magari scoprire che non era esattamente quello che si cerca.

Il cloud cambia di molto anche il modello economico: prima del cloud comprare hardware o software voleva dire renderli propri, quindi eravamo nel mondo dell’investimento o capex. Oggi si acquista la possibilità di utilizzare una risorsa virtuale, quindi siamo nel mondo dell’opex o canone.

Il cloud ha aperto anche il mondo a tutta una serie di servizi “as a service”. Non si compra più un database, ma si “noleggia” un database as a service (DBAAS), la cui infrastruttura è gestita da terzi che garantiscono determinate performance, aggiornamenti, continuità di servizio. Non si compra più un sistema di virtualizzazione, bensì si “noleggia” un infrastructure as a service (IAAS).

I servizi del cloud

Sono venute così a crearsi una serie di sigle che corrispondono ai vari servizi che si possono acquistare nel cloud.

Eccone alcune:

  • Software as a Service (SaaS)
  • Platform as a Service (PaaS)
  • Infrastructure as a Service (IaaS)
  • Storage as a Service (StaaS)
  • Database as a Service (DBaaS)
  • Disaster Recovery as a Service (DRaaS)
  • Communications as a Service (CaaS)
  • Network as a Service (NaaS)
  • Data as a Service (DaaS)

Il concetto di XaaS

Tutte queste tipologie di servizi hanno portato al concetto di XaaS, ovvero “everything as a service” (tutto come servizio). In un mondo sempre più veloce, dove esigenze e gusti dei clienti cambiano molto velocemente, come azienda o pubblica amministrazione poter noleggiare un servizio con la modalità “pay as you go”, ovvero pagare un piccolo costo di attivazione e un canone in base all’utilizzo effettivo delle risorse, è molto meno oneroso di avere dei costi di investimento per hardware e software, nonché è molto più flessibile nel tempo sia in base all’evoluzione del business che al carico di lavoro dei sistemi.

XaaS è anche sinonimo di Everything as a Service o “del Cloud che viene da te”, perlomeno così dice lo studio “La nuova generazione di Cloud basata su XaaS – Everything-as-a-Service” di HPE e Ambrosetti presentato il 2 dicembre.

Lo studio, grazie a due raccolte di informazioni effettuate in Italia su 400 interlocutori pubblici e privati, oltre a 12 interlocutori internazionali, fa emergere alcuni elementi a cui prestare particolare attenzione, come ad esempio l’inadeguato livello delle competenze, la prevalente adozione di soluzioni Cloud di livello basico e l’inadeguatezza dei modelli di sourcing ICT e delle regole di bilancio pubblico oggi in uso nella Pubblica Amministrazione. Tutto questo non permette la crescita del fenomeno Xaas, ovvero il Cloud di nuova generazione che a sua volta può aiutare lo sviluppo di paradigmi di crescita della società e dell’economia del prossimo futuro.

In particolare, per paradigmi, intendiamo l’Intangible Economy e la Data Economy alle cui esigenze i modelli di sviluppo del digitale devono dare risposta.

Per Data Economy si intende estrazione di valore dai dati, che siano pubblici e privati. Non solo misurare grazie ai dati e migliorare grazie alle misurazioni, ma soprattutto creare valore e PIL dai dati.

Per Intangible economy si intendono le “energie di sistema”, ovvero quella parte di produttività non imputabile a lavoro e capitale. Le energie di sistema, tra cui managerializzazione delle aziende, gestione dei talenti, sinergia tra pubblico e privato, si compongono di elementi intangibili, che possono essere favoriti e stimolati dalla trasformazione digitale di imprese e Pubblica Amministrazione.

XaaS

XaaS e data economy

A oggi gli asset intangibili giustificano oltre il 90% del valore di borsa delle principali società statunitensi e oltre il 70% delle aziende europee. In tale contesto, il peso della data economy sulle economie europee sta crescendo, nonostante la quasi assenza di player rilevanti a livello internazionale. Sebbene l’Italia si trovi al quarto posto in UE27 + UK per valore complessivo della data economy (37,8 miliardi di euro), si posiziona solamente in 17ª posizione considerando il peso della Data economy sul PIL (2,3%), distante dalla media europea (3,0%) e da altri peer (UK, 4,0%; Germania, 3,6%; Spagna, 2,7%; Francia, 2,5%).

In questo quadro, è quindi necessario individuare un nuovo modello di sviluppo del digitale che accompagni in maniera efficace ed efficiente il percorso di trasformazione di imprese e Pubblica Amministrazione, perché, secondo le stime dello studio Ambrosetti, possono essere liberati fino a 200 miliardi di investimenti e produzione nel prossimo quadriennio.

Per raggiungere questo risultato bisogna considerare gli elementi critici del sistema imprenditoriale italiano (privato), tra cui: le competenze considerate non idonee per governare la transizione digitale, la larga adozione di strumenti digitale di base dalla maggior parte delle imprese (in particolare piccole e medie) e le difficoltà manageriali nella gestione della transizione digitale.

Il principio “once only”

E anche individuare gli aspetti cruciali del pubblico. L’ottimizzazione della gestione dei dati e la creazione di ecosistemi di scambio dati all’interno della Pubblica Amministrazione permetterà di applicare il principio “once only” (una sola volta), andando a ridurre del 90% il numero di richieste di dati da parte della Pubblica Amministrazione e ottimizzando l’accesso ai servizi e ai database pubblici, riducendo di 32 ore all’anno l’impegno delle imprese nel compiere gli adempimenti burocratici – cumulativamente ciò corrisponde a oltre 40mila anni risparmiati, se considerate tutte le imprese italiane.

The European House – Ambrosetti e Hewlett Packard Enterprise ritengono necessario che le Pubbliche Amministrazioni adottino un nuovo modello di sourcing basato sulle logiche “as-a-service”, così come risulta fondamentale la creazione di meccanismi di collaborazione tra più Enti Pubblici e il rafforzamento del ruolo delle in-house regionali. Al contempo, è fondamentale promuovere l’adozione delle soluzioni Cloud più avanzate all’interno delle imprese italiane, istituire “obblighi” di formazione sulle tecnologie e sull’impiego del digitale per i dipendenti delle imprese, al pari di quanto previsto per la sicurezza sul lavoro, e creare degli ecosistemi di dati (spazi dati) a livello nazionale che rendano possibile una maggiore interoperabilità a livello di filiera.

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