Cloud-native: quanto vale per aziende e PA

Rispetto a un approccio tradizionale, le tecnologie Cloud native presentano tre grandi vantaggi per aziende ed enti pubblici: aumentare la flessibilità delle applicazioni, accelerare la capacità di risposta degli sviluppatori, ottimizzare l’impiego delle risorse grazie all’automazione

Pubblicato il 02 Lug 2021

Stefano Mainardi

CEO di SparkFabrik

Eurosystem Cubbit

Puntare sul Cloud-native per colmare il divario tra l’Italia e altri paesi, soprattutto extraeuropei, Stati Uniti in primis. Esploso sempre di più negli ultimi anni e identificato da molti come l’ultima big thing del settore IT, il Cloud-native può essere definito come il passaggio successivo e naturale del Cloud computing.

Il significato di un approccio Cloud-native

Il termine Cloud-native indica le tecnologie native del cloud che consentono alle organizzazioni di creare ed eseguire applicazioni scalabili in ambienti dinamici, ad esempio cloud pubblici, privati e ibridi. Contenitori, mesh di servizi, microservizi, infrastruttura non modificabile e API dichiarative esemplificano questo nuovo approccio, un nuovo modo di progettare e costruire le applicazioni focalizzato sulla velocità e l’agilità, caratteristiche che permettono alle applicazioni di essere resilienti, adattandosi rapidamente al cambiamento su larga scala.

Rispetto a un approccio tradizionale, più monolitico, il Cloud-native presenta tre grandi vantaggi per aziende ed enti pubblici:

aumenta la flessibilità delle applicazioni, eliminando le dipendenze tra servizi e con l’infrastruttura;

accelera la capacità di risposta degli sviluppatori, che possono operare tra servizi e con l’infrastruttura;

ottimizza l’impiego delle risorse grazie all’automazione, riducendo l’errore umano.

Affrontare un percorso in questa direzione, ex novo o con una modernizzazione dei processi, dà ottimi risultati. In ottica strategica, perché il Cloud native concretizza vantaggi come la velocità di delivery e l’ottimizzazione della user experience, permettendo al business di lavorare meglio e di aumentare i profitti; in ottica puramente operativa, perché consente di supportare i developer nella collaborazione con le Operations e nell’organizzazione del lavoro in modalità agile.

In particolare, la possibilità di creare applicazioni Cloud native che siano ottimizzate proprio per il modello di Cloud computing, assicura a organizzazioni e aziende che i loro sistemi IT siano snelli, stabili e molto più facilmente adattabili all’accelerazione della digital transformation. La sua adozione però non deve essere vista come una semplice riorganizzazione, quanto piuttosto come una vera e propria trasformazione digitale che prevede una fase di pianificazione e preparazione.

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Cloud e PA in Italia

Mancanza dei requisiti di sicurezza e affidabilità, oltre a gravi carenze sul piano strutturale e organizzativo, per il 95% delle infrastrutture degli enti pubblici: è quanto emerge dall’ultimo censimento AgID che mostra una situazione italiana critica.

Il primo obiettivo da porsi deve essere quello di dismettere le infrastrutture obsolete e attuare un piano di consolidamento e migrazione verso infrastrutture moderne e affidabili. Il cosiddetto Polo Strategico Nazionale, di cui tanto si sente parlare, ha come obiettivo quello di colmare questi gap ormai inaccettabili.

Il percorso sarà lungo. Prodromico sarà fare una mappatura e un’analisi del patrimonio informativo del sistema Paese per identificare una mole impressionante di dati. Basti pensare ai registri ad ogni livello della PA, da quello nazionale a quello comunale, da quelli anagrafici della popolazione ai dati di INPS, INAIL e a quelli delle Camere di Commercio.

Al momento, ogni informazione legata al cittadino e alle imprese risulta depositata su data center disgiunti e distribuiti che non dialogano tra loro. Ed è qui che dovrebbe entrare in gioco il Cloud perché tale operazione di migrazione sarebbe anche una grande opportunità per eseguire una revisione profonda dei sistemi informativi e delle applicazioni delle PA.

Cloud-native in Italia

Il fatto è che il Cloud-native in Italia non è ancora stato, per così dire, metabolizzato e spesso è ridotto solo ad alcune sue componenti, come microservizi o DevOps. Per arrivare a una trasformazione reale del sistema PA è necessario innanzitutto cambiare mindset, intervenire sui processi interni, prima ancora di parlare di GitOps e di declinazioni tecniche e tecnologiche.

Il momento storico è quello giusto per la PA, per l’adozione completa del Cloud native: si deve partire da una formazione massiccia del personale IT nel settore pubblico, con molte più ore ad essa dedicate. Al contempo è necessaria un’analisi per attuare un ammodernamento strutturale profondo, fatto di logiche nuove, di attenzione alle necessità effettive dei cittadini, dei professionisti e delle aziende. In questo senso, i processi di onboarding, di interazione e più in generale di usabilità non possono essere un’appendice post-sviluppo, bensì devono diventare centrali. I dati sono fondamentali, ma poterne fruire seamlessly e rapidamente lo diventa ancora di più.

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Il Cloud nazionale e la PA

I vantaggi che la PA potrebbe trarre dall’adozione di paradigmi Cloud-native sono molti e indubbiamente legati al più generico modello cloud first. Ad ogni modo, un approccio nativamente cloud permette di sviluppare architetture e applicazioni capaci di sfruttare realmente le potenzialità intrinseche del Cloud. Se così non fosse i risultati sarebbero parziali, un passo appena oltre la migrazione tout-court.

In generale, dunque, il primo grande traguardo che si raggiungerebbe è un livello maggiore di trasparenza ed efficienza nei servizi insieme a un incremento della sicurezza dell’integrità e della protezione dei dati.

Anche il servizio dei touchpoint digitali pubblici ai cittadini e alle imprese in termini di usabilità e affidabilità dei sistemi sarebbe coinvolto con un netto miglioramento; la gestione dei costi ICT sarebbe ottimizzata con un impatto minore sulla spesa pubblica.

Ancora, l’approccio Cloud-native permetterebbe di creare un network finalmente integrato, ponendo fine alla frammentazione di realtà spesso a gestione locale e sottostanti a lock-in di software proprietari; verrebbe inoltre fornito un supporto forte e affidabile agli enti pubblici minori che si rifanno al sistema centrale.

Ultima, ma non certo per importanza, si otterrebbe una maggiore scalabilità e resilienza dei servizi nei momenti di picco della loro fruizione – evitando quei dannosi e spiacevoli disservizi che molto spesso vengono associati alla funzione pubblica.

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