Una nuova consapevolezza sul valore dei dati

Dai modelli data-driven alla decision intelligence e all’era del cognitive: per le imprese non c’è più tempo da perdere. Usare (bene) i dati è l’imperativo per sostenere la ripresa del business dopo un anno difficile. La visione di UNO Informatica

Pubblicato il 31 Dic 2020

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È un’analisi interessante, quella proposta da Gartner – alla fine di questo non certo semplice 2020 – sul ruolo, il peso e il valore dei dati.
Con l’inizio della pandemia da COVID-19, fa notare la società di analisi, in tutto il mondo hanno preso il via oltre 500 studi clinici con l’obiettivo di identificare i migliori trattamenti e gli interventi più idonei a curare la malattia e a contrastarne la diffusione.
I dati di tutti i “trial” in corso vengono inviati a un database, che raccoglie e classifica i risultati dei differenti test, integrandoli con ulteriori dati provenienti da fonti esterne: il tutto con l’obiettivo di fornire ai medici, al personale sanitario e ai responsabili della salute pubblica di tutti i Paesi strumenti adatti a prevedere la diffusione della malattia, a trovare nuovi trattamenti e a pianificarne la gestione clinica.
Si parla, in sintesi estrema, di una felice coniugazione di data, analytics e tecnologie di artificial intelligence, fondamentale per prevedere, prepararsi e rispondere in modo proattivo e accelerato a una crisi globale e alle sue conseguenze.
La pandemia, di fatto, ha messo in evidenza un fatto incontrovertibile: di fronte a cambiamenti senza precedenti, la capacità di raccogliere, elaborare, analizzare, accedere ai dati è fondamentale e indispensabile non solo per resistere, ma soprattutto per accelerare l’innovazione e creare nuovi percorsi di crescita.

Un nuovo paradigma per l’era del cognitive

Se questo è dunque il nuovo paradigma, è sempre Gartner che trova il modo di declinarlo in tutte le sue sfaccettature, o, per lo meno, nelle più significative. Quelle sulle quali è importante che le imprese si focalizzino nei prossimi mesi.

Il primo aspetto che le imprese devono prendere in considerazione è che nel giro dei prossimi tre anni, il 75% delle aziende trasformerà i progetti pilota sull’intelligenza artificiale, portandoli in produzione.
Questo significa che il flusso dei dati subirà una crescita esponenziale, cui le infrastrutture di analisi dovranno rispondere adeguatamente.
Se già oggi machine learning e NLP (Natural Language Processing) si stanno rivelando strumenti preziosi, l’integrazione di ulteriori tecniche di intelligenza artificiale quali il cosiddetto “reinforced learning” e l’apprendimento distribuito aiuterà la creazione di sistemi più adattabili e flessibili per gestire situazioni aziendali complesse, soprattutto in quei contesti nei quali i tradizionali modelli basati su dati storici potrebbero non essere più validi.
Dal punto di vista delle risorse computazionali, non v’è dubbio che sia gli investimenti sulle nuove architetture, come i processori neuromorfici, sia il crescente ricorso ad architetture distribuite basate su edge consentano di rispondere alle richieste di AI e Machine Learning, riducendo nel contempo la dipendenza da sistemi centralizzati.

Verso la decision intelligence

C’è un secondo aspetto che, sempre nella visione di Gartner, non va trascurato: la necessità di contestualizzare e personalizzare. In prospettiva gli utenti avranno sempre meno necessità di lavorare su dashboard predefinite, ma, grazie ai nuovi strumenti di automazione, potranno ricevere le informazioni più rilevanti in base al contesto, al ruolo, all’obiettivo. Gartner parla di informazioni dinamiche, che sfruttano tecnologie come analisi aumentata, NLP, collaboration con l’obiettivo di garantire esperienze-utente aumentate e sempre più personalizzate.

Il dato di fatto è che ci stiamo avvicinando sempre di più a quella che viene definita “decision intelligence”. Nel giro di un paio d’anni, sostiene Gartner, almeno un terzo delle grandi organizzazioni ne farà uso: l’intelligenza decisionale, di fatto, fa leva su una serie di discipline diverse per mettere a punto modelli e processi decisionali basati sui dati e applicati agli specifici contesti aziendali.
Questo significa, in poche parole, inserire nuovi livelli di automazione all’interno dei processi aziendali. Significa fare un passo in più: quello che consente di superare anche il modello data-driven, per muoversi verso quella che viene oggi definita “era cognitiva”.

Gestire la molteplicità e la varietà dei dati

Che oggi si lavori su una molteplicità di dati provenienti da fonti molto diverse da loro e presentati in altrettanto differenti formati è un dato di fatto, tanto che Gartner preferisce parlare di X Analytics per indicare l’estrema numerosità delle variabili in gioco: contenuti strutturati e non strutturati, analisi del testo, analisi video, analisi audio, ecc.
Ed è in questa estrema varietà la leva sulla quale si gioca la nuova sfida della società, dell’economia e delle imprese data-driven.
Gartner fa ancora riferimento alla fase pandemica per sottolineare come l’intelligenza artificiale sia stata fondamentale per passare al vaglio migliaia di documenti di ricerca, fonti di notizie, post sui social media e dati di studi clinici per aiutare gli esperti di salute pubblica e medica a prevedere la diffusione della malattia, pianificare le risorse necessarie, trovare nuovi trattamenti e identificare i cluster più vulnerabili.
È una variabilità che richiede di essere gestita: per questo secondo Gartner è importante che chi si occupa di data management adegui le architetture dedicate, puntando sempre più sull’automazione e sul Cloud, una delle leve sulle quali Gartner ritiene sia necessario puntare quando si parla di innovazione basata su dati e analisi.

Una visione molto concreta, quella presentata da Gartner, che rispecchia anche quanto sottolineato qualche tempo fa in uno studio condotto da Forrester Consulting per IBM.
In un momento in cui la numerosità dei dati disponibili cresce costantemente, è fondamentale riuscire a trasformare questi dati in informazioni di business.
Per questo è importante che nelle imprese si sviluppino sia una cultura del dato, sia vere e proprie strategie data driven, applicate ai principali casi d’uso aziendali. Sono cambiamenti importanti, che devono coinvolgere persone, processi e tecnologie, con l’obiettivo di trasformare le imprese in vere e proprie organizzazioni data-first, in vere e proprie organizzazioni cognitive.

La visione di UNO Informatica

A prescindere dal settore di appartenenza, usare bene i propri dati, applicare tecniche di advanced analytics, sfruttare machine learning e intelligenza artificiale rappresentano dei veri e propri “strumenti del mestiere”, che consentono alle imprese di ottenere di più dai propri dati, rendendoli davvero rilevanti per il proprio business.

Non si tratta di un cambiamento semplice.
“Si tratta di imparare a padroneggiare un volume crescente di dati e, ancor di più, di saper scegliere gli strumenti hardware e software più adatti alle proprie specifiche necessità. Si tratta di capire quali dati servono e quali sono le informazioni che dai dati si possono trarre”, commenta Duccio Manganelli, Sales Manager di UNO Informatica, system integrator aretino Business Partner di IBM.
“Le imprese devono essere in grado di diventare molto più efficaci nei loro processi decisionali e possono farlo solo se riescono a infondere nei dati loro disponibili tutta la potenza degli strumenti del cognitive computing, che aiutano a portare alla luce il significato che si nasconde dietro ai dati e facendo lavorare i dati stessi a beneficio degli obiettivi di business”.

I settori di applicazione sono pressoché infiniti e UNO Informatica nel tempo ha maturato esperienze e competenze in ambiti che vanno dall’anomaly detection al riconoscimento delle immagini, dall’automazione industriale al customer service, al marketing di nuova generazione.
“Parliamo di un vero e proprio cambio di paradigma, che apre la strada non solo a nuovi modelli predittivi e prescrittivi, ma anche all’ideazione e implementazione di servizi e applicazioni completamente nuovi, in grado di migliorare la competitività e il livello di innovazione delle imprese”.

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